lunedì 1 novembre 2010

aladino

Quella mattina, come al solito, Aladino lesse la lista dei compiti che avrebbe dovuto assegnare. La lista era insolitamente corta, le richieste al sovrano e le incombenze di stato evidentemente erano state ben impostate e se non si creavano emergenze date da eventi straordinari scorrevano fluidamente come un fiume dagli argini ben costruiti e costantemente controllati.

E d’altronde se di piene non ci si doveva preoccupare certo non si trattava comunque di giorno di secca, che i soliti incarichi non mancavano: occuparsi dell’arrivo delle sete fatate dalle oasi invisibili per la tessitura dei tappeti volanti, risolvere le liti fra fratelli che si contendevano tesori trovati in grotte scovate grazie a formule magiche, ladroni che si lamentavano per essere stati bruciati da olio bollente, fanciulle che non volevano sposare principi innamorati dopo notti e notti ad ascoltar storie, insomma le solite incombenze di ogni giorno.
Eppure quella mattina Aladino, sovrano di Persia e sposato felicemente con la figlia dell’Imperatore del Catai si sentiva strano, dubitava persino del suo stesso potere, e soprattutto di meritarlo. In fondo, anche se aveva portato la pace  e la prosperità nel suo regno, tutto ciò lo aveva potuto realizzare grazie all’aiuto di Genio, l’unico suo merito era stato quel giorno trovare la Lampada e riuscire a diventarne il suo unico padrone.
In fondo qual era il suo potere? Senza la Lampada e senza l’aiuto di Genio tutto quello che aveva costruito sarebbe potuto svanire da un momento all’altro. Ma non era questo, quale sultano poteva vantare la sicurezza eterna di potere sul proprio regno? La cosa che lo faceva infuriare era che doveva continuamente ricorrere all’aiuto di Genio, non era qualcosa del passato, ma del presente e del futuro, di quello stesso momento se voleva svolgere i compiti segnati sulla lista che teneva in mano.
Non sopportava più di chiamarlo per chiedergli aiuto, ogni giorno faceva più fatica a sfregare la Lampada per rispondere alle sue rituali parole -Eccomi, mio signore, son qui per servirti-  con -Ascolta le mie parole- e iniziare il suo lavoro.
Ma per il bene del suo popolo sapeva che quello era il suo compito.
Avendo ogni giorno soltanto tre desideri a disposizione da farsi esaudire aveva ormai imparato a mettere in ordine di importanza e di urgenza le necessità del sultanato, sapeva scegliere tra le richieste della lunga lista le tre che avrebbero sbloccato tutte le altre e raramente, dopo i primi tempi, quando si era fatto costruire il palazzo, aveva ottenuto il regno e la sua sposa, aveva lasciato spazio a richieste che riguardassero lui e la sua vita.
Eppure quel giorno, visto che la lista era così ridotta pensò che forse una richiesta per sé sarebbe riuscito a lasciarsela, a farsi questo piccolo regalo, se non altro per ritrovare la voglia di rivedere il suo magico servitore, che non riusciva più a considerare un amico e tanto meno un dono e una benedizione.
Sfregò la lampada, svogliato, e la scia luminosa a cui i suoi occhi erano ormai abituati e di cui non si meravigliava più si trasformò ben presto nella sagoma abbagliante di Genio.
-Eccomi mio signore, son qui per servirti- esordì come suo compito la creatura magica.
-Ascolta le mie parole- rispose automaticamente Aladino. Ma poi si fermò.
In realtà, preso dai suoi dubbi e pensieri aveva sfregato la Lampada senza aver preparato i compiti già tutti in fila e organizzati e per la prima volta dopo tanto tempo guardò in silenzio il suo onnipotente servitore.
-Eccomi, mio signore, son qui per servirti- ripetè alquanto spaesato Genio, guardandosi intorno e alzando lo sguardo anche su Aladino, con un’attenzione insolita.
Ed ecco, avvenne l’imprevedibile.
-Buongiorno Genio, come stai?- furono le parole del sultano invece che -Ascolta le mie parole-
Genio rimase sospeso, disorientato, ma soltanto un attimo.
-Sto molto bene, mio signore e sono pronto a servirti- riprese imperturbabile.
Aladino, però non si lasciò scoraggiare  e continuò -Volevo farti una domanda, personale…-
Genio chinò il capo.
-Mio signore non mi è concesso di risponderti, ma puoi chiedere al tuo Visir, lui certo saprà parlarti di me e per me.- rispose sempre inchinandosi Genio.
Così al sovrano non rimase che esprimere velocemente i tre desideri del giorno e far chiamare poi il Visir, il suo primo consigliere di cui aveva totale fiducia, ma anche bisognava ammettere un po’ di soggezione. Cosa avrebbe pensato della sua domanda? Ma in fondo, si rispose, lui era il sovrano poteva ben rischiare e sopportare di mostrare le sue perplessità al suo servitore.
-Mi hai fatto chiamare mio signore?- esordì il Visir insieme ad un profondo inchino al suo arrivo.
-Si, mio fido consigliere. Desideravo avere una risposta da Genio, su di lui, ma mi ha riferito che non può raccontarmi di sé e di chiedere invece a te.
Volevo conoscere un aspetto della sua vita e non  so se tu potrai rivelarmelo. Ecco, visto che Genio ha il potere di fare tutto quello che vuole, perché non lo ha mai usato per liberarsi dal mio servizio? Perché continua a restare mio schiavo, lui che può sollevare una montagna con un soffio e far scaturire l’acqua nel deserto, perché non usa la sua magia per liberarsi dalla Lampada e dal dovere di esaudirmi ogni volta che viene chiamato?-
Il Visir guardò il suo sovrano Aladino e sorrise, poi fece un altro inchino e cominciò a parlare.
-Mio signore, tu mi chiedi se io posso spiegarti perché Genio sia rimasto finora al tuo servizio, di spiegartene il motivo. Ed è in mio potere soddisfare questa tua richiesta. Avere dubbi è un grande dono, è nella natura di chi sa pensare farsi domande. E vorrei prima rivolgerne, se tu me lo permetti, io una a te.-
Aladino annuì.
-Perché mio sovrano hai usato in tutti questi anni la Lampada e i suoi servigi ogni singolo giorno e soprattutto perché hai scelto desideri rivolti al bene del tuo popolo? Perché non ti sei fermato quando hai ottenuto il tuo personale benessere, il palazzo, la tua sposa, le ricchezze e hai cominciato invece a costruire una città e un regno sapendo di dover impiegare molto del tuo tempo e delle tue energie e i continui servigi di Genio per persone che non conosci e che forse non si renderanno mai conto di tutto il bene che gli hai procurato?-
Aladino non si aspettava queste parole e soprattutto si rese conto che non aveva mai riflettuto sulle sue azioni, era diventato insofferente alla sua vita, senza ricordarsi come ci era arrivato, senza aver mai considerato che l’aveva scelta e costruita con le sue stesse mani.
-Ebbene- rispose dopo una breve pausa -questo è il mio dovere di sultano e di sovrano, la mia responsabilità e la mia missione- ma sentiva la sua voce e le sue parole risuonare vuote, come il suono metallico di un cembalo.
Il Visir di nuovo chinò il capo e di nuovo sorrise.
-Bene, mio signore adesso ti darò io la mia risposta, per quello che io so.
Genio ha scelto e sceglie ogni giorno di restare, di vivere nella Lampada  e di stare ai tuoi servigi perché questa è la sua natura, questo il motivo per cui è stato creato e che dà un senso alla sua vita e che lo rende felice.
Non resta per il dovere, ma per scelta, è per provare la gioia profonda. Lui serve te, che chiamandolo, servi lui, ciò di cui ha bisogno non è la libertà dai tuoi comandi, ma di poter scegliere di servirti. Non per te, non per il popolo, ma per se stesso, perché lui è Genio della Lampada, è ciò che è.-
-Io ho sempre pensato che il merito fosse tutto suo e del suo potere e che io non contavo nulla..- disse quasi pensando ad alta voce il sultano.
-Ognuno ha le sue capacità e risorse, ma  è come si usano che conta, e lì sta il merito. Saper essere riconoscente è un grande dono, conservare la lucidità e il saper comprendere i propri meriti lo è altrettanto. Nessuno si aspetta che tu divenga Genio, che tu possegga il suo potere, come nessuno chiede ai tuoi sudditi che dimostrino la tua capacità di lungimiranza e giudizio di sovrano, ognuno di loro è chiamato però ad essere una persona onorevole, secondo le proprie capacità.
Saper riconoscere i propri bisogni, farsi aiutare, chiedere, essere riconoscente senza farsi annullare da tutto questo, il compito più difficile per un sovrano.
Permettimi, mio signore: tu non sei Genio, sei un semplice uomo, mio Sultano, un grande Sultano, eppure sempre un uomo. E sei un semplice uomo, bisognoso, eppure un grande Sultano.-
Aladino si trovò a pensare per la prima volta che certo senza Genio, senza i suoi servizi, il suo potere e la sua magia non avrebbe mai potuto realizzare il suo regno e ottenere le sue ricchezze, ma erano state indispensabili anche la sua volontà e abilità di sultano di scegliere i desideri giusti e la sua capacità di uomo di accettare ogni giorno di aver bisogno di aiuto, come aveva detto il Visir, sovrano, eppure bisognoso. Così aveva potuto costruire il suo regno, la sua capacità di chiedere insieme al potere di Genio.
Si sentì pieno di orgoglio e fiero di sè ed era tanto tempo che non succedeva
-In fondo- rispose, -mio Visir, anche io sono un servitore, proprio come Genio- e insieme si affacciarono a vedere la loro prospera e rigogliosa, meravigliosa città.
-Hai compreso mio signore, nessuna ricchezza e nessun potere sostituiscono un senso alla propria vita, ad ogni singola giornata e non si può trovare senza gli altri, nessuno può fare a meno di chiedere.-
-No, c’è di più- rispose il sovrano, -ed è questo che io e Genio condividiamo ed è un privilegio: il dono di sentirsi vivi, di far parte della vita che cresce, che si sviluppa, che va avanti.-
Aladino pronunciò queste parole ora con voce diversa, mentre la città, preziosa ai suoi occhi lucidi di commozione, si svegliava con la luce del mattino, nella distesa ai piedi della grande terrazza.

(scritta per IL DONO onlus da Caterina Comi, psicologa)

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