giovedì 31 maggio 2012
qualcosa da dare
Siamo più che puntali. Con la precisione di chi sa che ha qualcosa di importante ci ritroviamo, un buon quarto d'ora di anticipo. G. è la prima volta che viene e vuole prendere dimestichezza con quello che facciamo. Oggi aspettiamo due mamme, la settimana prossima ne avremo tre. C'è il piccolo Giuseppe pure oggi, che viene a mostrarmi quanto poco ha mangiato in questa settimana, al controllo peso: ed aspettiamo una mamma nuova, inviatami dal servizio sociale del municipio vicino, perchè possiamo aiutarla. Tutte e due le mamme sono state inviate a cercare e trovare assistenzialismo, quello che potrebbe dargli la parrocchia vicino, qualche anima pia di buona volontà nel palazzo, forse un'amica , chiunque che voglia fare una buona elemosina di oggettistica. Cercano cose e quando arrivano sì, le troveranno, ma a me non basta.
La mamma di Giuseppe è sempre in ritardo. E' in ritardo storico, prima di tutto con se stessa che ancora non si rende ben conto di quanta miseria s'è costruita intorno da tutti i punti di vista; poi col figlio che avrebbe voluto mangiare,mesi fa, ma lei troppo intenta a arginare maldestramente la sua povertà e incapace di cogliere altri aiuti, pensava a vendersi gli alimenti ricevuti e così il pupo ha rinunciato a mangiare abbastanza ed ora è inappetente e s'accontenta così. Lo capisce al volo anche G. - che sa bene che la sua, di bimba, pesa il doppio ed è lunga in proporzione - quando spogliamo Giuseppe e si vede chiarissimamente sparire l'effetto maglietta sblusata: sotto il vestito, niente. Lo pesiamo senza tanta aspettativa e infatti siamo scarsamente a 7kg. Ha quasi un anno. La mamma lo rimprovera di mangiare poco "ah Giuseppe! non hai fatto il bravo questa volta!" ..e certo , perchè giuseppe notoriamente si da da mangiare da solo! Una volta c'ha i denti da mettere, una volta è dispettoso, un'altra volta aveva fatto la pipì un'altra ancora voleva giocare e si distraeva..insomma ogni volta ce n'è una per cui Giuseppe va redarguito per non aver mangiato. Però è vispissimo, ride tanto, vuole giocare. E noi in quest'oretta che sta qui lo facciamo giocare, gli proponiamo di mangiare con noi la frutta o lo yogurt o magari qualche biscotto. Intanto che giochiamo con Giuseppe, distrattamente chiedo com'è la situazione , alla mamma. Spiegherò a G. che è importante fare la figura della cretina: ripetiamo sempre le stesse domande, a 10 minuti di distanza una dall'altra inframezzate di discorsi diversi..tanto per avere conferma che ripeta sempre la stessa versione. Ci facciamo rispiegare cose già dette, domandiamo su argomenti che ci interessa capire, ma sempre vaghe, come se parlassimo del tempo di oggi, ..buttata così pour savoir.. le bollette a che punto sei? indietro..sempre a novembre? l'assistente sociale che dice? ti aiuta? e la padrona di casa gli devi tanto affitto? con lo sguardo un pò comprensivo un pò addolorato per lei, che la possa far sentire più libera di parlare. Non ci importa farle capire quali effetti hanno le risposte che lei da, non è importante spiegare che prendiamo nota di tutto. Questa volta Giuseppe oltre agli omogeneizzati e alla frutta mangerà pure il pane fresco perchè A., stamattina, è andata a ritirarlo pesso le scuole dove il Banco Alimentare ci ha inseriti. Possiamo dargli anche del riso che abbiamo ricevuto in regalo. Da come prende le scatole ho il vago sospetto che non riesca affatto ad andare a prendere il fresco alla protezione civile. Mi chiede gli omogeneizzati di carne. La butto lì come interpretazione "non ti danno la carne alla protezione, vero?" la risposta la so già, no che non gliela danno, ma vorrei che lei mi dicesse che la carne non la mangia per niente. E il suo "no, non sempre" è esattamente la risposta che volevo. Quindi giuseppe non mangia carne. E via con gli omogeneizzati. Quando ci salutiamo con Giuseppe e la mamma, G. scuote la testa e mi dice "me lo porterei a casa io!".
Già , ce lo porteremmo a casa tutti quanti..
L'altra mamma è già arrivata, viene dall'Equador e mi sta aspettando nella saletta di attesa. La facciamo accomodare e chiedo qualche dato per compilare la sua scheda. Si aspetta evidentemente che io faccia quello per cui dal servizio sociale sono stata chiamata: cioè distriubire cose. Mi spiace deludere le aspettative su di me, ma per quanto sia certo che le cose le otterrà, non è questo lo scopo per cui sono qui. E quindi faccio altre domande che non sono la residenza nè questioni di burocrazia, ma che riguardano lei: chiedo come sta. Chiedo se è arrabbiata per l'abbandono che ha subito, dall'uomo con cui stava da un pò. Chiedo se ha paura del parto o più del futuro.
Vorrei poterle offrire uno spazio di dialogo in cui sfogarsi un pò, e questo la coglie di sorpresa. Resto sempre colpita dagli occhi delle persone che arrivano da me: si legge la paura. Li abituiamo al bancomat: vado chiedo e ottengo esattamente e strettamente quel che chiedo. Un modo di porsi limitatissimo, che illude gli utenti che sono nei guai di sapere esattamente come tirarsene fuori..senza pensare che se l'avessero saputo magari li avrebbero pure evitati i guai..e infatti ci restano. Così quando chiedi cose che prevedono un rapporto di amicizia e di gratuità, restano spiazzate, non se l'aspettano. Eppure la sofferenza sta tutta lì pronta a uscire, e insieme alla paura gli occhi si velano ..c'ha un pianto che trabocca in gola ma non esce..e Dio sa se è importante che si sfoghi. 36 settimane un mega pancione, niente di niente in tasca nè alcuna cosa preparata per sè e per la bimba..niente, neanche il nome da dare alla piccola.. che strana questa cosa, hai avuto otto mesi in cui non hai potuto fare altro perchè col pancione il lavoro è andato a farsi benedire da subito, e hai evitato tanto di istaurare un rapporto da non aver neanche pensato al nome da darle. E' come vivere in una nuvola, completamente sospesi, io l'immagino così. Tipo una specie di limbo in cui qualcosa avverrà...e si aspetta avvenga da fuori..visto che solo a 8 mesi è andata a chiedere aiuto al servizio sociale.
Parliamo un pò, ci salutiamo dopo aver riempito una sporta di cose per lei, per la pupetta (pannolini per ora, la prossima volta avrà i vestitini) con la promessa di darle il trio che abbiamo lì arrivato da poco, per la prossima volta che viene.
G. è contenta: temeva l'impatto emotivo e invece il confronto con queste realtà molto povere è uno sprone positivo per sè stessi: fomenta l'autostima e il credere nelle proprie capacità e nell'avere qualcosa da dare. In realtà abbiamo da dare più che qualcosa, abbiamo tantissimo da dare. Basta scoprirlo e poi non puoi proprio farne a meno.
C'è un dare per cui ci impegnamo noi, quello fatto di 24 ore di supporto, di vicinanza fisica, di comprensione, di aiuto nella crescita personale; quello fatto di portare e condividere i pesi degli altri e mettere le mani in pasta in situazioni in cui tutti vorrebbero non guardare e passare oltre.
C'è un dare fatto di cose, che servono pure quelle e che aiutano a sentirsi voluti bene e considerati; che va insieme ma non può prescindere dal nostro lavoro ma che non possiamo fare noi: per quello serve il vostro aiuto.
Pannolini, omogeneizzati di carne e frutta, latte tipo 1.
Da inviare o consegnare a IL DONO onlus, via val trompia 136 00141 Roma.
Grazie
Etichette:
bambini,
disagio,
mamma single,
solidarietà,
solitudine,
storia,
tra me e me
Iscriviti a:
Commenti sul post (Atom)
0 commenti:
Posta un commento