domenica 12 agosto 2012

l'occasione


Nel reparto di terapia intensiva neonatale di un grande ospedale romano, l'ultimo orario di visita è a mezzanotte.
Siamo due coppie ad andare, fedelissimi, a questo appuntamento notturno. Gli altri se lo risparmiano,  molti vengono da fuori Roma e sono impossibilitati, altri non ce la fanno. A quest'ora il reparto è semibuio, l'illuminazione viene lasciata bassa perchè i piccoli non confondano il giorno con la notte, e il grosso delle luci è prodotto dai macchinari sempre collegati alle culle termineche o direttamente ai nostri bambini. Si scambiano sorrisi e poche chiacchiere nervose tra noi genitori. Il tono è sempre cordiale e scherzoso ma sappiamo bene tutti quanti che abbiamo i nervi a fil di pelle: la tin è sempre molto pesante. Noi ci si incrocia solo in ingresso, mentre ci mettiamo il camice e ci disinfettiamo le mani, prima di andare dai nostri bambini. Domande di rito "come va?" e qualche battuta sull'uscita dal reparto che mannaggia stavamo quasi per esserci e invece quel virus, la risposta di quell'esame..si ricomincia..siamo ancora qui. Poi si torna nel silenzio, rotto soltanto dal continuo suonare dei saturimetri e da qualche battuta se sei fortunato e quella sera c'è un'infermiera socievole..sennò niente, si sta zitti, senza un perchè: semplicemente non ci sono parole.
Accade a volte che squilli il telefono dalla sala parto, per avvisare che serve un neonatologo al piano di sopra, mentre sta nascendo un bambino. Arriva la notizia correndo di bocca in bocca, il numero di settimane gestazionali, se è un parto spontaneo o un cesareo, singolo o gemellare. Si mobilitano tutti, si prepara l'isola in cui verrà accolto; i pediatri si accordano per chi sale e chi resta giu' ad accogliere il neonato. Quella sera la telefonata arriva ma non la sento: sto scherzando con un'infermiera nella stanza dove sta il mio piccoletto, che non posso prendere in braccio perchè attaccato alle flebo. Passa inosservata la telefonata e siamo troppo distanti per ascoltare. Ormai è passata mezzanotte. Torna il silenzio nella stanza mentre da fuori non entra un filo d'aria. E' una caldissima notte d'agosto, a Roma. Improvvisamente si accendono tutte le luci e inizia un muto andirivieni di infermiere e medici. Sono lontana dal corridoio, non posso vedere cosa sta succedendo. "saranno i gemelli!" dico all'infermiera "tutto acceso caspita..è una festa?" sorrido.. "mmm..." risponde perplessa "mi sa di no...". tutto si normalizza, torna il silenzio, torna il buio dopo pochi minuti. All'una dobbiamo andare via. L. che sta nella culletta di fronte a mio figlio piange. Piange sempre porello, ha le crisi di astinenza: la mamma è una tossica. Le due coppie di gemellini si alternano a lamentarsi e i saturimetri si ostinano a suonare per ogni sgambettìo prodotto. Lo zingarello di fianco a noi pesa appena 1.200gr e solleva le gambette per buttarle prima a destra e poi a sinistra: sembra si alleni per il circo già da ora. Il mio sonnecchia, un pò rintronato dalla giornata, forse.
E' ora di andare via, salutiamo tutti, ci avviamo nel corridoio per raggiungere la stanza spogliatoio prima del nido..prima di uscire. Si passa di fronte all'isola dove sono arrivati i piccoli appena nati. Meccanicamente guardo dentro, anche se stasera c'è un paravento - chissà perchè l'hanno messo qui sto coso , mi chiedo, che non si vede niente - ...ed è lì. La pediatra china su di lei le prende i parametri vitali, lei con gli occhietti aperti guarda di fronte a sè, distesa sul lettino, un testone enorme, grande almeno come quello di mia figlia di tre anni, sopra un musetto minuscolo di neonato. Immobile.
Una frazione di secondo mentre cammino, saranno 3 passi che mi separano dallo spogliatoio ma l'immagine di questa piccola, mi resta impressa. Vicino a lei nell'altra culla, l'altro nato scalcia e sgambetta. Ripongo il mio camice nello spogliatoio, mi avvio all'uscita, saluto. I nonni della piccola , con il papà sono lì: li hanno fatti entrare anche se di solito è vietato. Aspettano di poterla vedere. In silenzio. La nonna si asciuga una lacrima.
Fuori i parenti dell'altro piccolo si scambiano gli auguri al telefono congratulandosi per il bel pargolo.
Mondi che non si sfiorano neanche.
Quando il giorno dopo arrivo in ospedale mi domando se sarà ancora lì, se sarà ancora viva. Un idrocefalo bruttissimo è solo la parte evidente di tanti problemi che avrà questa piccola. Non l'hanno ancora trasferita, la mattina seguente, ma so che dovrà andare via da qui perchè il neurochirurgo è in ferie: si va al Bambin Gesù, l'ospedale pediatrico. Il reparto ha mostrato grande tatto per questa famiglia e ha messo la piccola in una stanzetta riservata, una minitin in cui c'è solo lei coi suoi macchinari, gli occhi sempre aperti, guarda il soffitto, ferma e zitta. Io so che è lì e ogni volta che passo le rivolgo uno sguardo e una preghiera per lei e per i suoi genitori e per tutta la famiglia. Oggi una nurse uscita dalla stanza si mette a piangere e mi dice che forse se la mamma l'avesse saputo al secondo mese...Parlo un pò con lei. La realtà è che non abbiamo risposte alla sofferenza, che ci spaventa e per questo preferiamo scappare, pensando che così un pò come lo struzzo, se non la vedo vuol dire che non c'è..
E' pomeriggio. Arriva la dottoressa nella stanza dove stiamo noi e fa un cenno all'infermiera "la portano?" chiede lei. Segue l'elenco delle cose da preparare. Tutti si mobilitano, sempre con grande discrezione, porta chiusa, vetri oscurati, orari di visita diversi dai nostri per poter stare in pace con la bimba..perchè non c'è un fenomeno da baraccone da vedere, non c'è da curiosare..che la gente è morbosa e non è giusto. Dopo un pò arrivano i portantini della cicogna, c'è l'ambulanza ad aspettarla. Sistemano le ultime cose, prendono la cartella e tutto; una ragazza con la divisa chirurgica verde porta fuori con la carrozzina una signora: è la mamma della piccola. Esce l'infermiera con la piccolina in braccio per andare ad adagiarla nella sua culla da viaggio che la porterà al nuovo ospedale. Piange la piccolina pigola appena. Tutto si svolge, mi rendo conto, nell'anonimato più completo. Nessuno si è accorto tra chi è intorno a me di cosa è accaduto nei giorni precedenti e solo ora che l'hanno portata fuori qualcuno ha alzato lo sguardo interrogativo.
Più tardi una mamma che sta in stanza con noi mi dirà che lei però è a favore dell'aborto terapeutico perchè poi quando tu muori questi figli come fanno senza di te? penso che siamo sempre al centro dell'universo noi ..che è tanto difficile farsi da parte, mi sembra evidente..
Nello stesso ospedale al piano di sopra si fa un aborto terapeutico ogni due giorni. Lo posso dire con certezza essendo stata ricoverata per un intero mese qui.
Eppure qui oggi accade una cosa miracolosa e del tutto "normale": una mamma e un papà amando la loro bambina, l'hanno fatta nascere e se ne prendono cura. Nessun eroismo di questa normalità. E il miracolo è che questa piccola vita apparsa in modo appena percettibile , silenziosa, nascosta, in questo reparto ha toccato e interrogato tutti. Che tutti hanno dovuto farsi domande e darsi risposte che forse non avrebbero voluto farsi, forse non si faranno più, forse gli hanno dato altro senso. Qualcuno ha avuto possibilità di prendersi cura di lei, qualcuno di parlare con i genitori, qualuno semplicemente di passare di fronte alla sua porta.
Se i genitori avessero deciso che tutto questo non valeva la pena, tutti avrebbero perso un'occasione, mi è più che evidente. Forse lo è solo a me, ma non importa.
E' orario di uscita. Ripercorriamo il corridoio verso la porta principale, e dobbiamo attendere perchè i nonni stanno chiedendo delle informazioni riguardo la loro nipotina che sta nell'incubatrice pronta per andare. Intanto viene un'infermiera e mette un telo bianco sopra i vetri perchè nessuno fuori si metta a curiosare. Il nonno faccia al muro asciuga le lacrime con un fazzoletto di stoffa: che gli uomini, specie d'altri tempi, non si fanno vedere che piangono. La nonna piange e lascia ai medici il suo numero di telefono in cartella.
Piangono le infermiere, piangono i portantini. Piangono tutti.
Piangiamo tutti.
In silenzio si esce fuori.
Sulle labbra, automaticamente, una preghiera per questa piccolina e per tutti intorno a lei.

1 commenti:

L'angolo di me stessa ha detto...

Una lacrima l'ho versata anche io solo leggendo il tuo racconto. Penso che se fossi stata lì sarebbero state molte di più.
Mi chiedo come sta ora la piccolina e la sua famiglia...

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